Sardegna,
un continente in un'isola
Da qualunque punto di vista si voglia guardare la Sardegna, possiamo usare due parole per descriverla: diversità e unicità. La Sardegna è molto distante dalle masse continentali, ha una storia geologica estremamente ricca e complessa e lo stesso si può dire per la storia delle migrazioni umane che hanno coinvolto l'isola. Questi aspetti rendono la Sardegna tra tutte le isole del Mar Mediterraneo un posto speciale per la sua biodiversità ed eredità culturale.

Il Mar Mediterraneo ospita circa il 7.5% di tutte le specie marine conosciute al mondo; la ricchezza di specie per area é circa 10 volte superiore alla media mondiale ed è quindi considerato uno degli hotspot (letteralmente "punto caldo") di biodiversità tra i più importanti al mondo. La Sardegna, circondata da questo mare (letteralmente) di biodiversità può essere considerata un hotspot di biodiversità all'interno di un "mega hotspot" quale infine è il Mar Mediterraneo.
Inoltre, data la sua posizione centrale e strategica nel Mediterraneo occidentale, la Sardegna è stata protagonista di una lunga storia di migrazioni umane che ne hanno determinato una ricca diversità genetica, ancora oggi conservate in uno straordinario paesaggio bioculturale in cui si possono osservare attività agropastorali strettamente legate alla natura, rituali, allevamenti, piante medicinali, cibo, cucina, cultura e tradizioni locali.
Se siete curiosi di leggere di più, abbiamo riassunto alcuni degli aspetti più importanti di questa complessità in tre argomenti.

Da un punto di vista geologico la Sardegna è un frammento del continente europeo e non parte dell'Italia ed ha una storia di circa 600 milioni di anni. Da nord a sud, da est a ovest, la Sardegna muta continuamente composizione alternando e mescolando graniti, calcari, quarziti, rocce vulcaniche, arenarie e depositi alluvionali e tutte le possibili variazioni del caso.
L'isola gode di un clima marittimo caldo con una temperatura media che varia dai 7/8 °C in inverno a circa 25 °C in estate. La temperatura record minima registrata è di -17°C mentre la massima ha recentemente toccato i 48°C. Le precipitazioni sono scarse e i forti venti da nord-ovest (Maestrale) fanno parte della vita quotidiana.
Le pianure occupano il 18% del territorio, il 68% è collinare mentre il restante 14% è montuoso. Il massiccio del Gennargentu (1834 m) nella parte centro-orientale della Sardegna è il rilievo più elevato dell'isola. La Sardegna ospita anche un'elevata diversità di zone umide, tra cui molti stagni agricoli naturali o artificiali nell'entroterra. L'unico lago naturale é il lago Baratz, 20 km a nord di Alghero.
La Sardegna è la regione italiana con il maggior sviluppo costiero, circa 1900 km, ovvero quasi 1/4 dell'intero sviluppo costiero dell'Italia.
Leggendo questi dati, è semplice immaginare quanto la diversità geomorfologica e le differenti condizioni climatiche anche locali abbiano determinato una notevole varietà di habitat. Queste sono le straordinarie basi in cui si è insediata ed evoluta una diversità biologica unica.








La fauna e la flora della Sardegna sono il risultato di eventi e interazioni complesse. L'isolamento dovuto alle grandi distanze con la terraferma e le condizioni ambientali locali provocano una serie di fenomeni evolutivi costanti che con il passare del tempo hanno conferito caratteri di unicità alla fauna e flora della Sardegna.
La sua flora e vegetazione sono notevolmente diverse dall'Italia e a colpire non è tanto il numero di specie, circa 2300, quanto la proporzione con le specie endemiche, circa 341 taxa, ovvero il 15% della flora isolana. Tra queste ultime, 195 specie (8% della flora) sono esclusive della Sardegna e non si trovano in nessuna altra parte del mondo.
Il tipo di vegetazione più diffuso appartiene agli arbusteti e la macchia mediterranea che si alterna a praterie e pascoli. Questi ultimi sono soprattutto il risultato delle attività pastorali e dello sfruttamento del legname per costruire le ferrovie in Italia. Questo è il motivo per cui foreste e boschi hanno subito una fortissima riduzione negli ultimi 200 anni; se prima occupavano 2/3 della superficie della Sardegna, oggi ricoprono circa il 20%. Malgrado ciò, la Sardegna resta una delle regioni più verdi in Italia con le più vaste foreste sempreverdi mediterranee caratterizzate da Leccio (il più diffuso) e Roverella. Un'altra foresta caratteristica della Sardegna è la sughereta; l'isola accoglie il 90% dell'intera copertura nazionale. Essa è stata preservata perché consente la crescita di erbe adatte al pascolo e per l’estrazione del sughero, attività economica molto importante.
Allo stesso modo delle piante anche la fauna sarda è molto ricca di endemismi. Il numero di specie di vertebrati che vivono in Sardegna conta 370 specie (41 di mammiferi, 18 di rettili, 9 di anfibi) ai quali aggiungere circa 300 specie di uccelli e gli insetti presenti con rappresentanti di tutti i suoi ordini.
La fauna sarda che possiamo ammirare oggi deriva dai popolamenti di animali che sono giunti sull'isola da diverse parti dell'Europa e dell'Africa. Questi spostamenti sono stati possibili grazie alla variazione del livello del mare a causa di eventi geologici e climatici estremi che hanno fatto emergere ponti di terra. Non dimentichiamo anche l'azione dell'uomo che ha importato sull'isola specie come il daino, il cervo, il muflone, la martora o il gatto selvatico.
L'isolamento ha poi determinato sulla fauna e flora della Sardegna mutamenti e fenomeni evolutivi continui e costanti causa di variazioni di colore, di dimensione, e anche comportamentali. L'isolamento accelera anche il differenziamento genetico, rendendo le specie isolane sottospecie di quelle continentali oppure nuove e differenti specie. Anche la complessità ambientale unita alla presenza di barriere ecologiche che impediscono gli spostamenti, hanno portato una stessa specie a differire geneticamente in più specie, ciascuna appartenente a un suo isolato biologico.














Nel complesso, la Sardegna può essere considerata un serbatoio di tratti genetici scomparsi nelle attuali popolazioni europee, originati da migrazioni di popolazioni antiche attraverso l'area euro-mediterranea. Queste influenze si sono fuse in un profilo genetico unico, modellato dall'isolamento geografico, linguistico e culturale dell'isola, insieme all'impatto delle pressioni selettive sul pool genetico.
La cultura sarda è dunque evidentemente unica e diversa da quella italiana in senso lato. La storia antica di questa isola si intreccia con quella di molte grandi civiltà mediterranee. Alle popolazioni indigene dell'isola si sono nell'ordine affiancati e succeduti fenici, punici, romani, bizantini, aragonesi, spagnoli. Tuttavia, coloro che iniziarono ad abitare l'isola sin dai tempi antichi della preistoria, diedero origine ad una base etnica, ad un popolo chiaramente unico e distinguibile. Possiamo riconoscere questo popolo nei nuragici vissuto dal 1800 fino al 300 AC, frutto dell'evoluzione socio-culturale-tecnologica dei prenuragici ovvero comunità di persone capaci di distinguersi culturalmente per produzioni e tecniche artigianali. Le testimonianze archeologiche sono impressionanti per numeri e delineano un quadro affascinante e ancora per certi versi misterioso. Ciò che possiamo oggi osservare è sopravvissuto a secoli di invasioni e dominazioni straniere. L'elemento di maggior spicco di questo paesaggio archeologico sono i nuraghe, impressionanti torri megalitiche che danno il nome alla civiltà.
Allo stesso modo in cui queste torri sono sopravvissute a quasi 4000 anni di storia, il popolo sardo è sopravvissuto ad una storia fatta di soprusi, dominazioni e ribellioni, e ha conservato la sua identità grazie all'elemento fondante della sua cultura: sa limba sarda, la lingua sarda. Come diceva il filosofo Emil Cioran "non si abita un paese, si abita una lingua. Una patria è questo, e nient'altro". Il popolo sardo ancora oggi si distingue e si riconosce nelle stesse tradizioni, nella stessa lingua e nella stessa arte.
Il sardo (sardu) è ritenuto da alcuni studiosi come una delle lingue più conservative derivanti dal latino ma che ancora conserva una presenza importante del paleosardo (o nuragico), antecedente alla latinizzazione iniziata con i romani. Il sardo è unico e molteplice, costituito dalle varietà che lo compongono, in pratica una per paese (e in alcuni casi con differenze interne!). Queste varianti si possono ricondurre a due macro varietà storiche, quella centro-settentrionale logudorese e quella meridionale campidanese. A queste dobbiamo aggiungere le differenze derivanti dagli apporti delle lingue catalana, spagnola e corso. Ecco che in Sardegna potrete sentir parlare anche il catalano di Alghero, il gallurese, il sassarese e il tabarchino.
La lingua e la cultura catalana sono state in contatto con la cultura sarda per lungo tempo, e certamente il catalano ha avuto sul sardo un’influenza davvero notevole. A causa della sua posizione strategica, Alghero fu assaltata numerose volte e poi conquistata dai catalani-aragonesi nel 1354 con Pietro IV d'Aragona che ribattezzo la città L'Alguer. Da allora, nella Barceloneta sarda si parla un catalano antico, e tale peculiarità fa sì che la città venga considerata una sorta di isola nell’isola ancora oggi.
Il gallurese è una varietà linguistica sarda di tipo sardo-corso parlato nella regione storica della Gallura, nel nord-est della Sardegna. Quella zona, poco produttiva per i Catalani, venne ripopolata dai Corsi. La lingua sarda dei territori circostanti ebbe un influsso sul dialetto corso che, influenzato anche dal catalano e lo spagnolo, è poi diventato la varietà gallurese.
Il sassarese deriva invece da una base toscano-corsa evolutasi autonomamente, mentre il tabarchino è un dialetto ligure parlato dai coloni liguri dell'isola di Tabarca (tra Tunisi e Algeri) poi trasferitisi nelle isole dell'arcipelago del Sulcis, nel sud-ovest della Sardegna.
Viaggiando attraverso l'isola, la disposizione dello spazio antropico che possiamo osservare deriva da un uso sapiente del territorio. I villaggi erano posti al centro di un sistema di percorsi strategicamente posizionati in prossimità delle sorgenti d'acqua. Il sistema assumeva forma più strutturata nel pardu, una cinta di piccoli appezzamenti privati immediatamente a ridosso degli abitati. Una fitta rete di sentieri e di muretti a secco, assicurava l'accesso ai singoli poderi e proseguiva nelle campagne per poi collegarsi alle terre aperte (su comunali) divise tra i seminativi, i pascoli e le foreste (padentis) che garantivano ghiande e legname. Dunque tutto ciò che ha condizionato fauna e flora dell'isola, ha condizionato anche gli insediamenti umani che sono frammentati e isolati. Il relativo isolamento delle comunità, ha fatto si che ciascuna di esse trovasse soluzioni diverse alle proprie necessità e ha contribuito a formare un patrimonio culturale enorme. In Sardegna si conosce l'uso di più di 220 piante a scopo alimentare e molte di più in ambito medicinale, veterinario, artigianale, coloranti o per scopi rituali e religiosi. Molti strumenti agricoli sono stati inventati partendo dall'uso di parti di piante così come anche strumenti musicali (launeddas). La cucina sarda incorpora molti ingredienti provenienti da numerose varietà locali di piante selvatiche e bacche e include molte ricette autentiche come i culurgiones, gli gnocchetti sardi e la zuppa gallurese. Tra gli altri elementi gastronomici endemici sardi ci sono il pecorino sardo, una varietà ben nota di formaggio fatto con il latte della razza ovina locale sarda, così come il mirto, un liquore popolare ottenuto dalla macerazione alcolica delle bacche del mirto.
Ma ci sono due aspetti culturali che vogliamo citare e che affascinano chiunque, sardi compresi, sono le maschere del carnevale sardo e gli abiti tradizionali.
Il carnevale in Sardegna mantiene elementi conservativi di origine arcaica che rievocano riti e credenze precristiani. Anticamente, nell'ambito della società agro-pastorale si svolgevano le feste di fine inverno con l'accensione di grandi fuochi, riti cruenti che rievocavano i riti dionisiaci pagani caratterizzati dall’uso di maschere animalesche con fattezze demoniache. Col tempo le celebrazioni pagane propiziatorie della fertilità vennero riconvertite in feste cristiane. Dell’antico significato pagano rimane oggi l'atmosfera, specialmente nei travestimenti e nei rituali scenografici ricchi di simbologia.
L'abito tradizionale in Sardegna, occupa ancora oggi un elemento fortemente identitario, come se fosse una bandiera di paese. Antonio Bresciani, nel suo libro "Dei Costumi dell'Isola di Sardegna" del 1850 scriveva:
"Le donne […] in Sardegna non escono di loro fogge per niuna cosa del mondo. E comechè i villaggi di Selargius, di Pauli, di Pirri, di Sestu, di Maracalagonis siano così prossimi l’uno all’altro che alcuni sentono le campane delle circostanti Pievi, tuttavia ciascun villaggio si discosta dall’altro per tal maniera, che a prim’occhio si dice: quella è donna di Quartu, quell’altra è di Sestu, di Pauli, o di Sinai: ciò non reca meraviglia a chi conosce il paese, specialmente ne' luoghi più interni dell'isola."
Attualmente l'abito tradizionale non risponde più alle funzioni pratiche che soddisfaceva in passato: riscaldare il corpo nelle stagioni più rigide, scandire l’identità civile e sociale, indicare lo stato d’animo (la gioia nel cromatismo acceso dei colori e il lutto, principalmente espresso dal nero). Oggi l'abito tradizionale si indossa limitatamente a occasioni speciali, come processioni, sagre e manifestazioni a carattere turistico. Risponde, sì, alla necessità d'individuare e portare alta la bandiera paesana o cittadina, ma è soprattutto legato alla funzione di definire un'unica identità etnica, quella sarda, pur nella variegata molteplicità delle sue appartenenze locali.










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